Amici di Carlottissima!
Oggi vi voglio parlare di una esperienza fantastica, che mi ha riempito cuore e testa (e anche memoria del cellulare, a dirla tutta!) : la visita agli scavi archeologici di Pompei.
Facendo una tappa di un giorno, e cercando di rivivere l’emozione che provarono i miei genitori quando vi andarono per il loro brevissimo viaggio di nozze, mi sono immersa in una realtà che non si può non conoscere e apprezzare: una città romana che ha ancora davvero tanto da dire e da raccontarci.
Così, non voglio dilungarmi su informazioni storiche o relative al sito archeologico che potete tranquillamente reperire a tonnellate sul web. Voglio invece condividere l’emozione del trovarsi totalmente coinvolti nella vita dei Romani dell’epoca avvolti in una miscellanea di lingue incredibile e di popolazione turistica quanto più eterogenea possibile, a testimonianza del fatto che tutti, davvero tutti, possono trovare uno spunto per emozionarsi a Pompei.
Guide giovani, meno giovani, mature; guide italiane o straniere; guide per gruppi o per singoli; gruppetti di persone raccolte o come me da sole in cerca di qualche ulteriore informazione e di qualche chicca raccolta qua e là da mischiare per bene con quanto letto sulla guida e su internet.
Una superficie grande come non la immagini, strade di massi con attraversamenti pedonali per non sporcarsi le scarpe con gli escrementi degli animali; punti vendita tipo fast food dell’epoca (vuoi non soddisfare palato e gola con un po’ di vino e miele?); case di lusso di nobili facoltosi vicino alle lavanderie, quando lavare i capi costava almeno un quarto del loro valore e a trattare la tela con l’orina degli asini erano gli schiavi o i più poveri.
Non mancano locande per viaggiatori soli e desiderosi di compagnia che soddisfacevano i clienti con letti approssimati e con compagnia femminile assai più che gradevole (il meretricio era più che tollerato); le terme e i giardini silenziosi e raccolti, perché la qualità della vita prevedeva che si lavorasse solo al mattino, per lasciare poi spazio alla cura di sé.
Impressionano, certo!, i calchi dei corpi trovati inceneriti e fermati così, in quell’istante, dal tempo che fu; ma io ho sentito ancora la vita pulsare, i richiami nelle orecchie, il mercato e il foro pullulare di schiamazzi tre le urla di venditori che mercanteggiavano qualunque cosa possibile.
Sarei rimasta per giorni ancora, se avessi potuto; perché non è una semplice visita, ma un assaggio di un pranzo che avrei voluto godere fino al dolce, invece che fermarmi ad antipasto e primo. Ma tornerò se potrò; sì, tornerò, perché nelle radici cerco risposte che forse, nel turbinio della mia vita di oggi, non riesco purtroppo ad afferrare.